Il più importante quotidiano italiano, Il Corriere della Sera, titolava, il 1° febbraio 2015: Morto a Parigi Aldo Ciccolini “monumento italiano del pianoforte”.
Da quel momento tutto il mondo, da Radio Canada, che ha trasmesso ininterrottamente per giorni i concerti del Maestro, alla sua Parigi che gli ha tributato funerali solenni nella Chiesa della Madeleine dove, a loro tempo, furono celebrati Chopin, Saint Saëns, Fauré, Rossini, ha onorato la memoria dell’apostolo della musica, come Lui stesso amava definirsi.
Aldo Ciccolini è stato leggenda ancor prima che storia; ammesso a nove anni da Francesco Cilea, all’epoca Direttore del regio Conservatorio, con una dispensa ad personam di Giovanni Gentile nella classe di pianoforte di Paolo Denza e di composizione di Achille Longo, nel 1941, a sedici anni, debutta al San Carlo; la sua carriera dura, ininterrottamente e ai massimi livelli, fino a poche settimane prima della morte. Caso unico nella storia della musica, rimane attivo per settantatré anni!
Fu Lui stesso, durante una visita al Conservatorio San Pietro a Majella, a raccontarmi del suo esame di ammissione, accompagnato dalla madre, nobildonna di origini sarde. Cilea, dopo aver ascoltato l’esecuzione al pianoforte, lo fece allontanare dallo strumento e calò, a caso, le mani sulla tastiera chiedendogli di individuare le note, cosa che il piccolo Aldo fece con precisione assoluta e che indusse il Direttore a far in modo che potesse frequentare anche la classe di composizione.
Andò via da Napoli nel 1949, quando vinse il primo premio al Concorso Marguerite Long- Jacques Thibaud, un trionfo la serata della premiazione con il primo Concerto di Čajkovskij e il teatro completamente tappezzato di tricolori italiani, evento quasi inspiegabile alla luce di quella grandeur quasi sciovinista tipica dei parigini ancor più che dei francesi. Subito dopo, nel 1950, debuttò a New York sotto la direzione di Mitropoulos del quale ammirò sempre la memoria prodigiosa, Lui che, quanto a questo, sarebbe stato invidiato da Pico della Mirandola!
Durante una delle nostre conversazioni – aveva una cadenza pacata, con lieve accento francese, da gran signore d’altri tempi – mi raccontò di aver chiesto a Mitropoulos (“Sai cara, l’ho visto dirigere il Wozzeck di Alban Berg a memoria durante le prove!”) quale fosse il segreto della memoria prodigiosa e di essere rimasto sorpreso alla risposta. “La miseria, caro Aldo: ad Atene – Mitropoulos era greco di origine – quando studiavo non avevo denari per comprare le partiture e la biblioteca me le imprestava per tre giorni, durante i quali le mandavo a memoria” sicchè concludemmo che, mutatis mutandis, la miseria, e la fuga continua, doveva essere anche il segreto di Giordano Bruno.
Nessun commento potrà mai descrivere adeguatamente la Sua arte ma una riflessione, semplice, desidero consentirmela. Nella storia della cultura – letteratura, poesia, musica, filosofia – le figure di prima grandezza sono caratterizzate dalla coerenza tra ciò che si fa e ciò che si è. La discrasia, la scissione tra personalità e arte, emerge con prepotenza e un uomo piccolo giammai potrà essere un grande artista.
Aldo Ciccolini era una meravigliosa sintesi di grandezza d’animo e grandezza d’artista; le Sue interpretazioni, sublimi tout court, non potevano che appartenere a un Uomo le cui qualità intellettuali, di sensibilità, di cultura smisurata, di nobiltà e generosità nel senso più ampio della parola discendevano dalla combinazione di educazione e codice genetico. La Sua musica e la Sua vita sono già state consegnate alla Storia ma l’Umanità, che abbiamo amato e amiamo profondamente, rimane impressa con forza nel cuore e da lì non può andar via, mai!
Amelia La Rocca